viernes, 20 de octubre de 2017

ALFONSO SIGNORINI: UNA NOTA MAI ASCOLTATA PRIMA DI FRYDERYK CHOPIN


Nel libro «Ciò che non muore mai» (Mondadori) sono raccontati gli amori del compositore polacco: le figure femminili intorno a lui appaiono più mature
Carlo Baroni
Lui era un filo di luce nella penombra. Di quelli che avverti appena. Come la scia di una lucciola in una sera d’estate. Niente di abbagliante. Ma ti restava negli occhi. Il talento (vero) sbircia timido dietro le porte. Guarda e ascolta. Impara prima di insegnare. Che poi in cattedra non si mette mai davvero. Sono gli altri che finiscono per alzare la testa quando passa.
Il genio è Ciò che non muore mai. Il romanzo di Chopin raccontato, lasciando stare il manuale delle biografie ufficiali, da Alfonso Signorini per Mondadori. In quell’epoca dove tutte le vite erano romanzi: bastava nascerci. Dove il tragico e il sublime si confondevano. Le ingiustizie e le miserie spazzate via da una nota mai sentita prima.
Chopin era un rivoluzionario inconsapevole. Delle convenzioni, delle gerarchie, delle passioni. Con la levità di una brezza che non ti preoccupa, ma dopo niente sarà più come prima. Due genitori che avercene di uguali. Justyna e Nicolas. Di quelli che i figli sono amore da regalare e non proprietà, buone per proteggersi il futuro. Il padre venuto via da una Francia impaurita e speranzosa per una rivoluzione che non poteva non arrivare. La sua voleva dire lasciare la Lorena, le stalle e le mucche e reinventarsi un posto nella scala sociale. La fortuna di parlare una lingua che si poteva insegnare ai rampolli dell’aristocrazia polacca, il suo nuovo Paese. La moglie veniva da quel mondo, la chiave, se non proprio per farne parte, almeno per stare sulla porta senza dare fastidio.


Henryk Siemiradzki (1843-1902), «Chopin suona per i Radziwill nel 1829» (1887, olio su tela, particolare)

Fryderyk è un bambino mai nato. Come un fiore già sbocciato. Una stella che non ha bisogno del cielo per brillare. Lui suona come nessuno. Ma forse è la musica che va incontro alle sue dita. Fryderyk la raccoglie e la fa diventare altro. Qualcosa di mai ascoltato, c’è dentro la malinconia che solo i superficiali scambiano per tristezza. Le nuvole basse della sua Polonia, l’epicentro della malvagità di chi le sta attorno. E può essere la Prussia o l’Austria. La Russia o la Svezia. Il destino di essere il parafulmine dell’Europa, il posto dove la natura umana non conosce argini e travolge tutto.
L’anima polacca è fatta di sangue e coraggio. Di poesia e rabbia. Una sofferenza senza rimedio, un dolore che neanche il sonno. Chopin se la prende tutta addosso, se la porta dentro in tutta l’Europa. Un «gancio» sferrato sotto il mento che ti scuote senza ferirti. A Vienna non lo capiscono. Il centro dell’Impero vive di proclami e di pentagrammi con le note marcate. Il sussurro che arriva da un ragazzo di Varsavia è un fastidio, quasi un monito a quello che succederà. Che l’Impero non è eterno e il morbo che lo ucciderà sta nascendo nella sua periferia. Fryderyk è un genio perché non percorre le strade convenzionali. Il suo gps lo porta dove gli altri cambiano percorso.
È così per la musica e per gli amori. I primi turbamenti per la contadina Tekla, i rossori per Rajmund. La passione infinita per Titus. Edvige, la prostituta che diventa amica. Lui che non è come gli altri uomini. Questione di spirito e di indole più che di morale. Lei è guardinga poi capisce. La sincerità, la purezza. Di quel Fryderyk che è sole e luna. Buio profondo e luce accecante. L’artista che veleggia tra le ombre, sballottato tra i contrasti. Un maestro, Wojciech Zywny, folgorato da un allievo che non ha niente da imparare senza la presunzione di insegnare.
Chopin e le donne. Più grandi, più mature, più tutto. Angelica Catalani, la diva, che ha l’età di sua madre. Una passione o forse l’attrazione tra due che vivono in una galassia sconosciuta. George Sand è un libro con le pagine bianche che si riempiono con parole che solo loro sanno scrivere. Un vivere accanto che è molto di più dello stare insieme e condividere tutto. Lei è il suo mondo alla rovescia, lo schiaffo eterno all’ipocrisia, il fidarsi senza temere le pugnalate vigliacche. E, infine, Emilia. La sorella, l’«altro» Fryderyk.


http://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_15/fryderyk-chopin-alfonso-signorini-musica-romanzo-amori-genio-modadori-polonia-e7f6e57e-b1c7-11e7-8c05-16c4f9105c9c.shtml

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